sabato 7 maggio 2011

Mare(non più) nostrum.

Ricordate il mantra della politica estera italiana?L'Italia deve essere il Paese leader del Mediterraneo;dobbiamo essere gli interlocutori privilegiati dei paesi africani che si affacciano sul "Mare nostrum".
Ed in effetti,nonostante la "complessità"del nostro sistema politico,in quarant'anni di sforzi inaugurati dall'era Mattei abbiamo maturato ottime relazioni con Libia,Iran,Siria,Egitto,Marocco,Giordania.O meglio,avevamo maturato...Sì,perchè è bastato veramente poco per buttare a mare quei rapporti diplomatico-commerciali.
La Nato ha deciso che l'Africa va rimodulata e ricostruita politicamente,per via del nuovo asseto geopolitico che va configurandosi.Usa,Inghilterra,Francia e,più timidamente,Germania stanno affannandosi per inserirsi nella competizione con i Paesi Brics(Brasile,Russia,India,Cina),per accaparrarsi il controllo della nuova frontiera delle risorse africane.
Nel tourbillon di eventi che stanno avvenendo nel Maghreb,la nostra posizione è ridicolmente balbettante e senza strategia.Dovremmo muoverci per tutelare i nostri interessi,frutto di relazioni storiche consolidate,ed invece che facciamo?Andiamo al traino ora della Francia,ora degli Stati Uniti.


Con la Libia già abbiamo fatto ridere i polli.Il governo ha ritrovato la sua unità in forza di un compromesso su un ipotetico “termine” della propria partecipazione alla guerra atlantica contro la Libia. 
“Termine” bellamente ignorato dai padroni atlantici, tanto che lo stesso segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha ieri rilasciato una dichiarazione di tutt’altro tenore. Che prevede, tanto per essere chiari, una “maggiore pressione” contro le forze di Gheddafi e “l’attivazione di aiuti finanziari” alle milizie ribelli. 
La guerra di Libia, dunque, appare destinata a proseguire fino alla vittoria degli insorti. 
O, meglio, dell’Occidente. 
Anche a costo di mietere vittime civili. Come insegna l’uccisione a colpi di bombe umanitarie dei tre nipotini (un neonato e due bimbi) del rais. 
Intanto questa dichiarata volontà di “giustizia umanitaria” atlantica continua, nel mondo arabo, ad applicarsi con due pesi e due misure.  In Bahrein - non a caso sede del comando navale yankee - infatti il popolo non ha alcun diritto di manifestare contro il regime dittatoriale che ne soffoca la libertà. Anzi è “giusto” che le truppe straniere, saudite, siano entrate in quel “regno della democrazia” e partecipino a imporre l’ordine pubblico. Un “ordine” fatto - e i video sono precisi al riguardo - di condanne a morte in tribunale e di esecuzioni per strada dei cittadini che protestano. 
Non parliamo, poi, di quanto accade nello Yemen o di quanto è accaduto nella stessa Arabia Saudita o nell’Oman: lì il popolo arabo non ha nemmeno il diritto di esistere, figuriamoci quello di protestare. 

Sulla Siria invece si strombazza alla grande. I media embedded dichiarano ogni giorno massacri e repressioni, riportano “notizie” di “testimoni” raggiunti - dicono - per telefono o via twitter da illustri sconosciuti di Londra o di Cipro. Ma non sfornano alcun documento attendibile.
E così Frau Merkel e Mr. Cameron si precipitano, sull’onda cavalcata da Mrs. Clinton e si danno da fare per imporre “sanzioni” a Damasco.
Poi toccherà anche all’Italietta l’abbraccio suicida con tali “alleati” su questa strada che via via sta cancellando ogni relazione di buon vicinato mediterraneo tra la nostra penisola e gli Stati arabi dirimpettai.
Al giro di boa ci troveremo dunque senza più rapporti con Stati che erano i nostri migliori partners commerciali.
Quarant’anni e più di buone relazioni mediterranee in fumo. E, in cambio, vivremo alla mercé degli interessi delle corporation e delle banche di Wall Street e della City. 

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