venerdì 10 giugno 2011

Economist vs Berlusconi vs Italia

Lo ammetto:gli inglesi non mi sono particolarmente simpatici.Il loro atteggiamento da primi della classe,di censori e di maestri della democrazia e del buon governo mi dà sui nervi.Figuratevi poi quanto li posso amare quando un loro importante periodico come l'Economist si occupa della nostra Italia!
Ora,i sentimenti che nutro per Berlusconi sono pressappoco della stessa specie di quelli che ho per gli inglesi;con questi ultimi in vantaggio sul vecchietto di Arcore...Fatta questa premessa,l'ennesimo articolo che attacca B. lo trovo,come sempre,qualcosa di irritante.
Per carità,il fallimento del Cav è inequivocabile,e la sua sempre crescente impresentabilità non ammettono repliche.Quello che però mi infastidisce è il ruolo che l'Economist svolge subdolamente.
La stragrande maggioranza di voi che state leggendo è abbastanza smaliziata ed informata da comprendere a cosa mi riferisco.
Il periodico inglese è da sempre una sorta di avanguardia,di cassa di risonanza dei desiderata formulati dall'elite finanziaria della City londinese.Quello che i gentlemen del Potere,quello vero,pianificano in maniera discreta e riservata,viene fatto passare su testate come Economist;in questo modo si opera la "public suasion",e si prepara il terreno per l'impianto delle riforme neoliberiste.
Nel caso italiano,il tentativo di condizionamento dell'agenda politico-economica vanta una tradizione secolare.La "perfida Albione" da sempre si adopera per indirizzare lo sviluppo della nostra storia.Lo stesso Risorgimento è una loro raffinatissima operazione geopolitica.Ma questa è un'altra storia...
Venendo ai giorni nostri,l'esempio per eccellenza dell'ingerenza inglese e della sua capacità di pervadere la nostra politica,è l'episodio del "Britannia".
Era il 2 giugno del 1993.Cento giorni prima era stato arrestato Mario Chiesa,e Tangentopoli era già nel pieno del suo clamore.Tutto il sistema politico italiano vacillava paurosamente.Ma in quel marasma i potenti erano pronti a cogliere al volo le occasioni...
A bordo del Britannia, il panfilo della regina Elisabetta in rotta lungo le coste tirreniche,negli splendidi saloni del panfilo si danno appuntamento oltre centro tra banchieri, uomini d’affari,pezzi da novanta della finanza internazionale, soprattutto di marca statunitense e anglo-olandese.
A guidare la nostra delegazione - raccontano in modo scarno le cronache dell’epoca - proprio lui, Mario Draghi, che ai "signori della City" illustra per filo e per segno il maxi programma di dismissioni da parte dello Stato e di privatizzazioni. Un vero e proprio smantellamento dello Stato imprenditore.
A quel summit, secondo i bene informati, avrebbe partecipato anche l’attuale ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che sul programma Draghi cercò di far da pompiere: «non venne programmata alcuna svendita - osservò - fu solo il prezzo da pagare per entrare tra i primi nel club dell’euro». Più chiari di così…In perfetta sintonia con l’allora “avversario”(del Polo)il presidente Iri,Romano Prodi e quello dell’Eni, Franco Barnabè.Pochissime le voci di dissenso.Il napoletano Antonio Parlato, all’epoca sottosegretario al Bilancio,di An,sostenne che Draghi aveva intenzione di portare avanti un progetto di privatizzazioni selvagge.E aggiunse che proprio sul Britannia si sarebbero raggiunti gli accordi per una supersvalutazione della lira.Guarda caso,tra gli invitati “eccellenti” del Britannia fa capolino George Soros,super finanziere d’assalto di origini ungheresi ma yankee d’adozione,a capo del Quantum Fund e protagonista di una incredibile serie di crac provocati in svariate nazioni nel mirino degli Usa, potendo contare su smisurate liquidità,secondo alcune fonti di origine anche colombiana.E guarda caso,per l’Italia sarà settembre nero,anzi nerissimo,con una svalutazione del 30 per cento che costringerà l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi (direttore generale Lamberto Dini)a prosciugare le risorse della banca centrale(quasi 50 miliardi di dollari)per fronteggiare il maxi attacco speculativo nei confronti della lira.
A infilarci pesantemente uno zampino anche Moody’s,l’agenzia di rating che declassò i nostri Bot. Le inchieste per super-aggiotaggio avviate in diverse procure italiane (fra cui Napoli e Roma) sono finite nella classica bolla di sapone.Eppure,anche allora,e come al solito,a rimetterci l’osso del collo sono stati i cittadini-risparmiatori.
Non è un caso se oggi Mario Draghi,che all'epoca coordinò la dismissione di qualcosa come 200.000 miliardi di lire di patrimonio statale,sia l'uomo fidato per eccellenza dell'oligarchia finanziaria europea ,di base nella City di Londra:al punto di meritare la prossima nomina a capo della Bce...
E' per questo che tremo quando leggo dell'Economist che ascrive a Berlusconi,come suprema colpa,la mancata realizzazione delle"riforme strutturali".Perchè alla fine,a chi ispira la linea editoriale  di quel periodico frega poco della inadeguatezza e pochezza di mister B nel governare il suo Paese.A loro importa avere come interlocutori governativi politici accondiscendenti agli interessi dell'agenda finanziaria ultra-liberista-globalista.E Berlusconi non ha risposto alle attese che erano state riposte in lui.Non certo per suo merito,sia chiaro:lui era in altre faccende affaccendato...
Ma sta di fatto che si era presentato come applicatore del modello Thatcher in Italia,senza però farlo.
Ora che il berlusconismo(deo gratias)volge al tramonto,un altro pericolo si affaccia all'orizzonte.Il terreno è pronto,insieme alle sue parole d'ordine:
-debito pubblico enorme
-crescita bassa
-welfare pesante
-riforme mancanti
Tra un pò inizieranno a volare gli avvoltoi sul debito,le agenzie di rating declasseranno i nostri titoli e ci verrano "imposte le riforme".
Poco importa se la situazione nella patria dell'Economist è anche peggiore di quella italiana o greca(www.guardian.co.uk/business/2010/may/05/uk-budget-deficit-worse-than-greece)
Se ci faremo abbindolare,come nel '93 si smantellerà quel poco di patrimonio pubblico rimasto,ed insieme ad esso anche il ricordo(sottolineo ricordo)della Sovranità dello Stato.
Così "the man who screwed an entire country" sarà stato il direttore de l'Economist.

Stay tuned





2 commenti:

  1. Chissà mai quali nomi avranno i "sottili strateghi" che dettano la linea editoriale all'Economist....
    Per quanto tempo si nasconderanno nell'anonimato??

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  2. Articolo scritto un mese fa...e l'attacco al nostro debito pubblico è puntualmente avvenuto.Se potevo prevederlo io poteva farlo qualsiasi testata giornalistica nostrana.Ma si sono guardate bene dal farlo...L'anonimato è la regola delle dark pools finanziare.E continueranno a nascondersi...

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