mercoledì 21 novembre 2012

Crisi Euro: l'elefante francese entra nella stanza...

C'erano una volta i Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), e per il mondo della finanza rappresentavano l'ombelico della crisi economica occidentale.
A certificarlo erano, e sono, le tre sorelle del Rating mondiale, di cui abbiamo parlato tante volte. Ad accompagnare e sostenere l'allerta mediatica su questi Paesi ha provveduto fin dall'inizio l'Economist.

Del poco esclusivo club di Nazioni finanziariamente malandate e sfaccendate, l'Italia è ad oggi l'elefante nella stanza; la sua economia è la più grande ed interconnessa al mercato globale, e la sua "salute" è stata per questo affidata alle cure di un tutore governativo di estrazione finanziaria. 
Quanto queste cure siano efficaci lo stiamo vedendo con i nostri occhi quotidianamente. E di quanto questa "tutela" assomigli ad una "curatela fallimentare" ne abbiamo parlato qui.

Lo scenario però muta continuamente, e sembra che nella stanza di cui sopra stiano spingendo un altro elefante; e, per giunta, anche un "pochino" più grande dell'Italia
L'elefante in questione risponde al nome di Francia, e rappresenta "appena" la seconda economia europea.


Ma oltre al peso economico, di entità comunque non molto dissimile da quello italiano, la Francia ha da far valere un peso politico di categoria premium (quello che non viene accordato a noi italiani).
Questo pone una serie di interrogativi sull'evoluzione della crisi europea in senso politico e geopolitico; sui rapporti tra la Francia e la Germania, tra i francesi e gli inglesi, tra i galletti ed i cowboys...

Ad ogni modo, dal punto di vista economico a Parigi i conti non tornano. 
Il debito pubblico francese è al 90% del Pil, con un trend di crescita costante: basti pensare che nel 1981 era al 22%

Se ai Piigs viene ripetuto come un mantra "tagliate-contenete-equilibrate la spesa pubblica", applicando la logica della Troika (Fmi-Bce-Ue) con i francesi bisognerebbe passare alla logopedia finanziaria...
Infatti la spesa pubblica francese è quasi al 57% del Pil, roba che neanche nelle socialdemocrazie scandinave si vede. L'Italia spendacciona, dilapidatrice e iper-assistenzialista si ferma al 49%...

Sul fronte del privato le cose vanno altrettanto male. Eccovi qualche dato dall'analisi di Mauro Bottarelli:

"Un barometro dell’economia reale francese è la vendita di nuove automobili registrata attraverso l’immatricolazione: bene, a settembre si è registrato un crollo del 18,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, trend in accelerazione e che vede il dato year-to-date, ovvero da inizio anno ad oggi, in calo del 13,9%. Insomma, numeri peggiori del settembre 2008, quello maledetto del crollo Lehman e i peggiori in assoluto dall’inizio della crisi. 

Fiat va male? Certo ma PSA Peugeot Citroen, leader del mercato francese, come va? Un calo solo del 5% a settembre grazie all’introduzione del nuovo modello compatto Peugeot 208; ma il dato year-to-date ci dice che le vendite sono giù del 18,4%, mentre Renault fa peggio: -33,4% il dato di settembre, mentre quello da inizio anno ci dice -19,8%

E i competitor europei, come si comportano sul mercato francese? Volkswagen -17,4%, quasi stesso dato per Bmw e Mercedes mentre General Motors (Opel, Chevrolet) ha registrato un -20,8%, Ford -31,5% e Fiat -38,4%. Accipicchia, vuoi dire che c’è la crisi anche in Francia!? 

E i veicoli industriali, barometri dell’economia reale? I light utility, i furgoni per capirci, -12,5% mentre quelli sopra le 5 tonnellate -20,1%. Insomma, senza aiuti di Stato si affoga: peccato che gli aiuti non si sa da dove possano arrivare, stante la necessità del governo di ridurre i deficit o, quantomeno, evitare che si espandano a dismisura. Nel 2005, PSA e Renault assemblavano insieme qualcosa come 3,2 milioni di veicoli in Francia, lo scorso anno meno di 2 milioni e quest’anno andrà ancora peggio. 

Ma andiamo oltre. 
L’indice manufatturiero MPM è crollato a 42,7 a settembre, peggior dato dall’aprile 2009: peggio ha fatto solo la Grecia, anche la Spagna è andata meglio di Parigi. Male anche l’export; ma peggiore è il dato del mercato interno. I nuovi ordinativi sono al minimo dal marzo 2009 e questo pesa anche su un’altra voce: la disoccupazione. Il tasso è ormai al 10,6%, mentre quella giovanile è al 25,2% e in rapida ascesa, con più di 3 milioni di posti di lavoro bruciati dal 1999 ad oggi. 
Arcelor Mittal, il più grande produttore di acciaio del mondo, chiuderà due fornaci nel Paese, nonostante proclami e minacce di Hollande. E la piccola e media impresa non sta meglio, visto che il dato della fiducia nel mese di settembre è crollato a 84, il peggior dato dal 1992: solo ad aprile era a 129. 
E questo tenendo conto che il settore privato conta solo per il 44% del’economia francese, mentre il 56 per cento è rappresentato da spesa pubblica".

Che dite, l'elefante francese merita il club dei porcellini...?

Il modello europeo basato sulla moneta unica sta implodendo inesorabilmente, ma guai ad essere euro-scettici. Almeno fino ad oggi: domani lo scenario potrebbe cambiare. 
La Francia non è l'Italia; se a Parigi decidono che il Monopoli europeo non va più bene, si cambiano le regole. E se a Berlino rispondono "Nein", i galletti si alzano dal tavolo e fine del gioco.

Abbaglio? Illusione? O forse...speranza?
Qualcosa si muove: vedremo.

Stay tuned






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